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La sentenza n. 50, depositata il 14 marzo 2014, la Corte Costituzionale ha annullato i commi 8 e 9 dell'art.3 Dlgs 23/2011.
La Corte ha, quindi, cancellato la possibilità, per l’inquilino, di “denunciare” il contratto di affitto ad uso abitativo in nero, ottenendo, così, i tre benefici pervisti dal Dlgs 23/2011: 1) l’automatica trasformazione della locazione in un contratto di durata di 4 anni + ulteriori 4 anni di rinnovo automatico; 2) la riduzione del canone mensile (nella misura pari a tre volte la rendita catastale dell’immobile); 3) l’impossibilità ad essere sfrattato per mancato pagamento del maggior canone indicato nel contratto.
A questo punto discussioni e grossi dubbi interpretativi erano sorti circa gli ettetti prodotti da tale pronuncia sui contratti già registrati ai sensi dell'art.3 commi 8 e 9 Dlgs 23/2011.
Tali dubbi sembrano essere stati definitivamente dissipati da un nuovo intervento del legislatore, che, in realtà, non manca a sua volta di suscitare ulteriori interrogativi pratici.
Si tratta dell’art 5 comma 1-ter della L.80/14, entrata in vigore lo scorso 28 maggio e che testualmente recita: “Sono fatti salvi, fino alla data del 31.12.2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’art. 3 commi 8 e 9 del d.lgs 23/2011”.