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Contratti di locazione ad uso abitativo registrati per un canone inferiore al reale: due recenti pronunce della Corte di Cassazione

  • 05 Ottobre 2015

    Due recenti interventi della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, affrontano e snocciolano le tematiche e le problematiche relative ai contratti di locazioni laddove siano registrati con canoni inferiori rispetto a quanto pattuito oppure sia stipulati in forma libera o orale.
    Iniziamo dalla sentenza n. 18213 del 17/09/2015.
    Con la prima massima si riconosce che, ai sensi dell’art. 13, comma 1, della l. n. 431 del 1998, in ipotesi di locazione ad uso abitativo registrata per un canone inferiore al reale, “il contratto resta valido per il canone apparente, mentre l'accordo simulatorio relativo al maggior canone è affetto da nullità, insanabile dall’eventuale registrazione tardiva”.
    Il punto di partenza è rappresentato dall’art. 13, comma 1, della l. n. 431 del 1998.
    Se da una parte si fa salva la validità del contratto di locazione regolarmente registrato, dall’altra parte, tuttavia, l’accordo simulato, in quanto radicalmente nullo, non potrà spiegare effetti neanche in ipotesi di registrazione tardiva della controdichiarazione.
    Il proprietario dell’immobile, pertanto, non potrà in alcun modo legittimare una richiesta di versamento superiore a quanto, invece, realmente pattuito.
    E le ragioni di quanto deciso sono varie.
    In primo luogo, per i Giudici una diversa interpretazione della norma si risolverebbe nella sostanziale vanificazione dell’intento perseguito dal legislatore, ossia quello di contrastare l’elusione fiscale.
    A ciò si aggiunga anche l’ostacolo rappresentato dal principio generale di inferenza/interferenza dell’obbligo tributario con la validità del negozio.

    In conclusione, le Sezioni Unite affermano che una parte non può invocare la tutela giurisdizionale adducendo, apertamente ed impunemente, alla propria qualità di evasore fiscale.
    La portata innovativa di quanto statuito la si rinviene comparando quanto deciso con quanto affermato già dalla Cassazione con l’importante sentenza del 27 ottobre 2003 n. 16089.
    In tale famosa decisione veniva escluso la riconducibilità della simulazione parziale del contratto di locazione relativa alla misura del canone, all’art. 13 della legge citata, sul presupposto che la disposizione in esame dovesse riferirsi al solo caso in cui nel corso di svolgimento del rapporto venisse pattuito un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario.
    Oggi, dunque, possiamo tranquillamente affermare che il contratto, limitatamente al canone apparente, resta valido, mentre l'accordo simulatorio è affetto da nullità insanabile.
    Passiamo ora alla sentenza numero 18214 del 17/09/2015.
    Quest’ultima riconosce che il contratto di locazione ad uso abitativo, stipulato senza la forma scritta richiesta, “è affetto da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio, attesa la ratio pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale”.
    Le Sezioni Unite della Cassazione, quindi, affrontano il concetto di nullità nei contratti di locazione orali.
    Il caso in esame trae origine da una controversia inizialmente trattata dal Tribunale di Latina ed arrivata fino all’ultimo grado di giudizio.
    La linea tracciata sposa il concetto di "nullità di protezione" e prevede che, se il conduttore riesca a provare che la forma orale fu imposta dal locatore, questi non potrà chiedere risarcimento per l'occupazione dell'immobile. Tuttavia, l'inquilino potrà chiedere la restituzione di quanto pagato in più sulla base degli accordi locali fra associazioni di categoria degli inquilini e dei proprietari.
    Se, invece, la mancata registrazione è frutto dell'accordo tra inquilino e proprietario, potrà scattare la normale azione di nullità da parte del locatore, con richiesta del danno e dell'occupazione senza titolo.
    La Suprema Corte, dunque, fa salva l’ipotesi in cui la forma verbale sia stata imposta dal locatore e tale prova, come detto, è a carico del conduttore, anche se la stessa Corte afferma la innegabile difficoltà probatoria di tale circostanza: il conduttore non dovrà, infatti, semplicemente provare che vi sia stato un rapporto di locazione orale, ma pure che su di lui siano state esercitate pressioni tali da assurgere ad una vera e propria “coazione idonea ad influenzare il processo di formazione della volontà”, costituente una “inaccettabile pressione” ed una “sorta di violenza morale”.
    In conclusione il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta richiesta dall’art. 1, comma 4, della l. n. 431 del 1998 sarà affetto da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio, ad eccezione del caso in cui la forma verbale sia stata imposta dal locatore: in tal caso l’invalidità è una nullità di protezione del conduttore, solo da lui denunciabile.
    (Fonte: Avv. A. Rossi)

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